IN CANTINA

BIANCHILIGURIA

Saleasco, Pigato di Albenga Riviera Ligure di Ponente DOC, Cantina Calleri, Salea (Sv)

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Costeggiando il Mar Ligure, passiamo da una Riviera all’altra e raggiungiamo quella di Ponente, in particolare le province di Imperia e Savona.

In Liguria, la maggior parte delle vigne, sono realizzate in “terrazzamenti” con i tipici muretti a pietra localizzate lungo le coste rocciose e scoscese bagnate dal mare, oppure sui pendii collinari lungo le brevi vallate interne; solo l’1% della superficie vitata si trova in pianura.

Questa regione lunga e stretta, tra il mare ed i monti, limitata da zone sia italiane che francesi dalle grandi tradizioni enologiche, ha avuto il grande pregio di mantenere il proprio patrimonio vitivinicolo, valorizzando i numerosi vitigni autoctoni e restando quasi “immune” dalle più note varietà internazionali.
Alcuni di questi vitigni sono quasi sconosciuti, oppure noti solamente ai liguri o agli esperti del settore, perché sono allevati e vinificati da pochi vignaioli ed in aree circoscritte.

In purezza o in uvaggi, di particolare c’è che la presenza delle varietà locali è sempre predominante, in modo da esprimere al meglio il concetto di territorialità;

che in tutto ciò il vicino Piemonte abbia un pochino influito?

Il Pigato è uno di questi vitigni, una varietà a bacca bianca, tipico del savonese ed imperiese, che nelle sue tre tipologie, Bianco, Superiore e Passito, rientra tra i vini disciplinati dalla DOC Riviera Ligure di Ponente e rappresenta perfettamente quest’area.

Il suo nome deriva da “picatus” in latino e “pigau” in ligure, che vuol dire “macchiato”, in relazione alle piccole macchie presenti sulla buccia degli acini maturi, anche se c’è chi lo lega alla parola latina “picatum”, che gli antichi romani usavano per identificare le bevande dolci, aromatizzate, contenute nelle anfore.

L’origine è comunque remota, forse dalla greca Tessaglia, ma la sua introduzione in regione avvenne nel XV secolo grazie ai floridi commerci nel Mediterraneo della Repubblica marinara genovese.

Successivamente un significativo sviluppo ma poi il ridimensionamento, dato dall’arrivo della disastrosa fillossera, tuttavia dagli anni ’90 si è verificata un’ interessante ripresa.

Da recenti analisi genetiche, il Pigato risulta un clone del Vermentino, dal quale si distingue per la maturazione e la successiva pigmentazione di color ruggine degli acini.

I  vini che si ottengono con quest’uva, differiscono profondamente dal luogo di coltivazione.

Infatti, lungo le coste, con terre calcaree, la flora tipica costiera e la presenza delle brezze marine, i vini sono più freschi e sapidi, mentre quelli prodotti nelle zone più interne, a ridosso dei pendii, con terreni ferrosi, una vegetazione più ricca e sbalzi termici più frequenti, risultano più strutturati e più aromatici.

La tradizione agricola ligure c’insegna che il Pigato si ottiene dopo una lunga macerazione sulle bucce, producendo così un vino dalla colorazione intensa, dorata e con un sentore particolarmente aromatico. Negli anni questa pratica fu abbandonata a causa della forte richiesta del consumatore verso i vini più chiari, freschi, meno complessi e più versatili, ma recentemente alcuni vignaioli l’hanno riconsiderata e non solo per la tipologia passito.

La produzione di tutti questi vini è ottenuta da piccole aziende che sfruttano al massimo tutta la superficie possibile, disponendo le vigne verso le posizioni migliori, valorizzando i vitigni autoctoni e  la loro tipicità.

Tra le cantine che hanno perseguito il cambiamento innovativo c’è senza ombra di dubbio la Cantina Calleri nel comune di Albenga che produce un Pigato in purezza, il Saleasco, che ha tutto per interpretare degnamente la vitivinicultura ligure: vitigno autoctono, area circoscritta e piccolo produttore.

Questa realtà aziendale nella quale si fa vino, bianco e rosso, dalla fine degli anni ’60, produce solo etichette di vini liguri, nel pieno rispetto della tradizione, con grande passione ed esperienza e con un livello qualitativo all’altezza.

La vendemmia manuale delle uve di Pigato avviene nella prima decade di Settembre, seguita da una pressatura soffice con i raspi ed una stabilizzazione a freddo del mosto per un paio di giorni.

Di seguito il mosto viene versato in cisterne d’acciaio per la fermentazione a temperatura controllata, dove vi rimane a contatto con le fecce fini per 5-6-mesi.

Giunta la Primavera, avviene l’imbottigliamento del vino, che viene tenuto fino all’inizio della stagione estiva, per poi essere venduto.

Nel bicchiere, si presenta di un bel colore giallo dorato, intenso.

Floreale e fruttato. Dai fiori di camomilla e della ginestra, alla frutta fresca a pasta bianca e gialla, nonché la mandorla tostata, accompagnati dai sentori classici della macchia mediterranea.

Intenso, fine e complesso. Di buona struttura, caldo, morbido, secco, fresco, sapido ed equilibrato.

Emerge una decisa mineralità e una certa persistenza. Gradazione 12,5°C.

Di pronta beva ma può stare in cantina per 2-3 anni dove subisce una piacevole evoluzione, con naso e bocca più in “aroma”, riprendendo quel carattere tipico dell’antica tradizione viticola locale.

La temperatura di servizio sui 8°-10°C, in abbinamento con i piatti tipici della cucina ligure, dai “bianchetti” al limone o in frittelle, ai moscardini alla ligure o alla “capponada” della riviera.

Trofie e linguine al pesto, pansòti alla salsa di noci, oppure una spigola al forno con patate, olive e carciofi.

Stoccafisso alla marinara, baccalà all’agrodolce, cima ripiena alla genovese e zuppa di ceci (zemin) o di legumi (mescciùa) accompagnati però da un Pigato leggermente maturo.

Comunque piatti di pesce, carni bianche e base verdure, non solo della cucina ligure.

E come sempre

…mezzo vuoto o mezzo pieno?

Purché sia buono, bianco, rosso e verde!

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