Restiamo nelle vigne della Valpolicella.
Questa è la terra dei vini veronesi, dei grandi vini rossi della città scaligera.
E’ la zona più antica, la più rinomata e la più ricca di tradizione.
Le Pievi di origine romanica, i borghi rurali, le oasi naturalistiche, nonché le numerose cantine, fanno sì che questa zona risulti di forte richiamo turistico, anche per un’offerta eno-gastronomica eccellente.
Il territorio misura circa 240 Kmq e si trova fra la Valdadige, la Lessinia, e la pianura veronese, adiacente al Lago di Garda.
È come un grande ventaglio, che si apre a Verona, composto da verdi colline, da pianure e vallate, con i Monti Lessini alle spalle, a chiudere il tutto.
Posizione geografica ottimale, clima mite, morfologia del suolo ideale, fanno sì che in quest’area, la viticoltura e la vinificazione siano da secoli attività economico-culturali di prim’ordine e fortemente legate al territorio.
Dal punto di vista enologico, ci sono tre sottozone in Valpolicella, che differiscono tra loro e che spesso troviamo riportate sulle etichette delle bottiglie commercializzate.
Valpolicella Classica, la più antica, dove si trovano le cantine “storiche”, quella dove è nata la denominazione (1968). La tradizione ci suggerisce che il nome possa derivare dal latino “Vallis poli cellae”, ovvero “valle delle molte cantine”, a dimostrazione dell’antichissima vocazione vitivinicola, forse risalente all’epoca preromana.
La Valpantena, a est di Verona, è conosciuta per la sua grande fertilità. Il nome deriverebbe da “Vallis Pantheon”, cioè valle di tutti gli Dei. Il vino non è il solo tipico prodotto di tale zona, dato che anche l’olio extravergine d’oliva è una produzione alquanto conosciuta e apprezzata.
L’ultima sottozona è quella Orientale, ricca di vallate e caratterizzata dalle cantine di ultima generazione.
Quattro sono le tipologie di vino della Valpolicella, differenti tra loro per struttura, grado alcolico, possibile invecchiamento e prezzo; dalle disposizioni della denominazione, l’uvaggio risulta pressoché simile ma vinificazione e prodotto finale assolutamente diversi.
La prima è il Valpolicella, prodotto da uve mature ben selezionate, pigiate e fermentate dopo la vendemmia ma con un rapido imbottigliamento; ha una gradazione di 12°C e va bevuto entro 3 anni.
Segue il Valpolicella Superiore, caratterizzato da due aspetti basilari: affinamento, assolutamente in legno per almeno 12 mesi e la gradazione alcolica, di 13°C.
Spesso troviamo associato il termine “Classico”, perché prodotto nei comuni di più antica tradizione; da non sottovalutare l’invecchiamento possibile, che risulta superiore ai 5 anni.
Compresa in questa categoria, bisogna ricordare il “Ripasso”, il quale altro non è, che un Superiore messo nei tini per 2-3 settimane, a contatto con le vinacce utilizzate per fare l’Amarone.
Questo, rappresenta un’altra tipologia e non mi soffermerò dato che ne abbiamo già parlato in precedenza.
Ribadisco che è una delle eccellenze tra i vini italiani, ottenuto dopo successive fasi che portano il vino ad assumere un complesso di elementi, dal profumo, al gusto, alla struttura, al grado alcolico e all’evoluzione nel tempo, che lo rendono unico e prestigioso.
Infine, il Recioto anch’esso prodotto dando grande attenzione alla maturazione in vigna ed all’appassimento in cantina, ma rispetto al precedente, la fermentazione viene interrotta per avere un vino di ottima struttura, a gradazione alcolica inferiore (12°C) ma con un residuo zuccherino elevato, tanto da risultare piacevolmente dolce.
(Il Disciplinare consente l’impiego di alcune varietà, le più comuni sono: Corvina, Corvinone, Rondinella, Oseleta e Molinara,; la percentuale di ognuna è variabile anche se la quota maggiore è spesso per la Corvina, più del 50%).
Delle prime tre ne abbiamo fatto menzione nelle pagine dedicate all’Amarone, quindi per le altre due, c’è da ricordare che sono anch’esse vitigni autoctoni veronesi storici.
L’Oseleta deve il suo particolare nome al fatto che gli uccelli ne vanno ghiotti per l’elevato grado zuccherino degli acini. La resa in uva è piuttosto bassa ma questa per il buon contenuto di tannini e polifenoli, dona al vino colore, struttura e aromi.
La Molinara invece, presenta sui suoi acini uno strato grigio biancastro di pruina, che ricorda la farina bianca prodotta nei mulini e da ciò ne deriva il suo nome di origine popolare “Mulinara”.
Predilige le zone collinari, ha una buona resa e trasferisce una certa importante sapidità, tanto da esser chiamata anche “ua salà”, ovvero uva salata; dalla nuova versione del disciplinare del 2010, la sua presenza nell’uvaggio è facoltativa.
Tra le tante cantine presenti, Bertani, a Grezzane di Verona risulta senza ombra di dubbio, un degno rappresentante di questo territorio.
C’è tutto. La tradizione, più di un secolo e mezzo di storia, la valorizzazione del territorio con i grandi vini della Valpolicella, uno stile classico di elevata qualità, capace di assecondare le richieste dei consumatori ed infine la continua innovazione, che segue sempre la propria identità e rispetta il proprio territorio.
In questa cantina c’è una linea produttiva dedicata ai cru, dove viene evidenziata la potenzialità dei vitigni impiegati, le zone dove sono ubicate le vigne, e la capacità di mantenere le caratteristiche originarie di un vino.
Uno di questi è il Valpolicella Classico Superiore “Ognisanti”. Il nome deriva dalla chiesetta omonima dove è situato il vigneto di circa 3 ettari, ed è costituito per l’80-90% da Corvina ed il rimanente 20-10% da Rondinella.
La vendemmia, nella seconda metà di Ottobre è manuale e selettiva ed avviene quando le uve sono a maturazione avanzata. Fermentazione in serbatoi d’acciaio a 20°C con macerazione prolungata sulle bucce. Nella successiva fase, il vino viene posto per 18 mesi in barrique, delle quali ¼ nuove e l’affinamento finale viene completato con 6 mesi in bottiglia.
Si presenta di un colore rosso rubino intenso con riflessi granato. Fruttato con aromi di ciliegia matura, prugna e frutti rossi; sentori di confettura, spezie e note balsamiche. Estremamente equilibrato, avvolgente e morbido, con un finale persistente ma fresco. Gradazione 13,5°C.
Ottimo da bere subito ma lo si può lasciare per 4-5 anni, abbinandolo comunque con delle paste a base di carne, pizzoccheri, risotto o tagliatelle con i funghi. Carni in umido ma anche alla griglia; faraona o tacchinella ripiena, oppure semplicemente con salumi e formaggi stagionati e/o erborinati.
E come sempre,
…mezzo vuoto o mezzo pieno?
Purché sia buono, bianco, rosso e verde!
4 Commenti. Nuovo commento
Che piacevole sorpresa!
Ottimo contenuto complimenti bravi…..brindando alla vostra passione….CIN CIN!!!!
Gent.mo Aldo,
ringrazio per i complimenti. Ho cercato di fare il possibile per fornire a chi fosse interessato una piacevole e interessante lettura.
Sarebbe per me un piacere che una delle tante bottiglie qui segnalate, possa essere da te utilizzata per un particolare brindisi.
Complimenti a te Fabio e al tuo amico.
Avete fatto davvero un bel lavoro ottimo blog dove si vede la passione e l’amore per la vite e per ciò che da essa scaturisce.
Cultura e annotazioni utili anche per chi come me beve il vino senza essere un intenditore…..grazie.
Grazie Alberto e scrivi pure quando vorrai.
Sì hai ragione, siamo due grandi appassionati e mi fa enormemente piacere che questo grande e sincero interesse si riveli tra le righe di questi articoli.
Sono fermamente convinto che sapere qualcosa in più su quel vino, sul vitigno o vitigni che lo ha o hanno generato e sulla zona di produzione sia un valore aggiunto.
L’impegno c’è e ci sarà sempre, questo te lo posso assicurare.