Spesso ciò che l’uomo crea e sviluppa può portare a significativi cambiamenti nella società.
La storia ci insegna questo e anche la vitivinicoltura non è da meno.
La politica espansionistica dell’Impero Romano portò in molti territori, alla diffusione delle anfore vinarie di dimensioni diverse a seconda dell’uso, piccole per il consumo immediato durante i pasti, grandi per la raccolta e la commercializzazione.
I Celti ed i Galli, arrivati nel nord Italia, diffusero l’arte della fabbricazione delle botti di legno, fino ad allora completamente sconosciute, migliorando così il trasporto ma pure la conservazione dei vini.
Ma ciò portò anche alla nascita di nuove attività commerciali fra il popolo, infatti si configurò anche il mestiere del “bottaio”, cioè colui che le fabbricava le botti.
Nel Medioevo, la coltivazione della vite subì un grande impulso dato dall’aumento della superficie vitata per disboscamenti e bonifiche nonché dal popolamento delle campagne.
Tutto ciò determinò l’aumento della produzione dei vini e quindi la nascita nei centri abitati, delle prime taverne, luoghi d’incontro e di consumo ma anche di vendita del vino.
Nel 1600 venne stilata la prima classificazione organolettica dei vini, in base al colore, gusto e grado di fermentazione; da questo, nelle corti nobiliari apparvero i “someglieri”, i primi esperti assaggiatori.
A partire dai primi decenni del secolo successivo, si affermò l’uso delle bottiglie di vetro chiuse dai tappi di sughero, metodo sviluppatosi in Inghilterra e che venne acquisito dalle famiglie nobili con interesse visto i loro possedimenti fondiari e le relative elevate produzioni vinicole conservate accuratamente nei “crotti”, i primi locali adibiti all’affinamento.
Infine, nel 1800 vennero fondate i primi enti vitivinicoli (scolastici, associativi e consortili) con lo scopo di migliorare le tecniche colturali e di vinificazione, combattere le prime malattie parassitarie ma anche valorizzare i vitigni autoctoni coltivati.
Oltre al Nebbiolo, l’altro vitigno più attenzionato fu senz’altro la Barbera, per tradizione piemontese, indicato al femminile.
Nata nel Monferrato, le sue prime testimonianze risalgono probabilmente alla fine del 1400, dove aveva il nome dialettale di “grisa o grisola”, associata erroneamente all’uva spina per la comune acidità.
La sua coltivazione si è espansa notevolmente nel corso degli anni non solo in Piemonte ma in tutta Italia, tanto che con il Sangiovese è il vitigno più diffuso e questo per il suo facile adattamento al luogo di coltivazione, originando vini dai caratteri diversi.
Tre sono le DOCG regionali, Asti, Nizza e Monferrato Superiore, nonché la DOC di Alba, ma probabilmente è sulle colline del Monferrato che riesce ad esprimersi complessivamente al meglio.
I primi riscontri storici rilevanti sono del 1500 nei catasti storici di Chieri e alla fine del 1700, quando tale vitigno entra nell’elenco dei vitigni piemontesi redatto dalla Società Agraria di Torino.
Ma la sua grande espansione in regione è dovuta principalmente a due motivi.
Il primo è legato alla fillossera, perché la Barbera innestata su “piede americano” risultò particolarmente resistente e di buona produzione e perciò i vigneti colpiti e danneggiati furono così reimpiantati.
Il secondo, è relativo al grado di acidità di quest’uva che difficilmente da origine ad alterazioni.
Nei primi del ‘900 quando l’agricoltura non possedeva ancora una ben chiara identità, dopo la vendemmia i contadini non avendo il tempo di seguire attentamente la vinificazione perché occupati in altre attività agricole, iniziarono a coltivare in modo estensivo la Barbera, perché di più facile gestione e resistente alle fermentazioni anomale a differenza di altre varietà che richiedevano una maggiore attenzione in cantina.
Oggi viene definito da molti esperti il rosso piemontese del terzo millennio perché coinvolto in un percorso di crescita che lo possa portare ad una grande valorizzazione, mantenendo la sua buona acidità e acquisendo più colore, più struttura, con profumo e gusto più eleganti, come richiesto dal mercato.
Da alcuni anni alcune guide enologiche giudicano con il massimo riconoscimento la Barbera “Luna e i Falò” della cantina Vite Colte, una realtà nata circa quarant’anni fa, nel comune di Barolo ma con un nome diverso, Terre da vino, con 180 soci conferenti e circa 300 ettari di vigneti ubicati in Langhe e nel Monferrato.
Solo vini piemontesi si vinificano, rispettando l’ambiente, applicando in vigna i principi della lotta integrata ed in cantina, la massima disciplina per ottenere vini di ottima qualità.
I nomi delle etichette sono ispirati alle opere di Cesare Pavese, noto scrittore piemontese, prova evidente del grande senso di appartenenza verso il proprio territorio.
La “Luna e i Falò” è una Barbera d’Asti Superiore DOCG che nasce in purezza da uve provenienti da vigneti diversi gestiti a basse rese e distribuiti in oltre 60 ettari, nei quali le condizioni pedoclimatiche sono differenti e per tanto portano ad uve con caratteri unici;
mantenendo la base tipica, si ottiene un assemblaggio complesso che varia anche da vendemmia a vendemmia.
Ai primi di Ottobre le uve vengono raccolte, portate in cantina e messe in vasche d’acciaio per la macerazione. Il mosto rimane per una decina di giorni sulle bucce a temperatura controllata e poi viene raccolto e trasferito in botti di rovere per un anno d’affinamento.
Di colore rosso porpora intenso. Floreale e fruttato. Un profumo di viola e susine rosse mature per poi passare alla liquerizia e alla vaniglia. In bocca troviamo dei frutti di bosco, la vaniglia ed il caffè.
Grande equilibrio, morbido e per nulla tannico; strutturato, pieno ma beverino e di lunga persistenza. Gradazione 14,5%.
Si può bere subito ma si può lasciare in cantina per pochi anni.
Lasciamolo respirare per una decina di minuti e poi in tavola con i salumi e formaggi di media e lunga stagionatura, tortelli di carne, lasagna tradizionale, primi piatti della cucina romanesca, risotto o tagliolini con i funghi e crespelle con prosciutto, fontina e tartufo. Una grigliata alla brace con pollo, carne di manzo, salamelle e costine di maiale, oppure arrosto con patate, un saporito vitello tonnato e anche un bollito misto.
E naturalmente
…mezzo vuoto o mezzo pieno??
Purché sia buono, bianco, rosso e verde!!