Abbiamo visto in precedenza, lo stretto legame tra l’Oltrepò Pavese ed il Pinot Nero, una relazione che ha portato questo vitigno ad assumere un ruolo da protagonista nel mondo enologico di quest’area.
La storia ed il territorio ce lo insegnano.
Oltre al famoso tralcio di vite dell’epoca preistorica, trovata a Casteggio nel pavese e ancora oggi custodita, per alcuni studiosi sembra che il Pinot Nero fosse già conosciuto ai tempi dei Romani, che su queste terre lo coltivavano e ne ottenevano bevande particolarmente apprezzate.
Ma lasciamo le ipotesi per passare alle certezze, e raggiungiamo la metà del secolo XIX.
In quel periodo, il Pinot proveniente dalla Borgogna, raggiunto l’Oltrepò, si diffuse anche in altre aree della nostra penisola ma a causa del suo ciclo vegetativo e della complessità colturale venne relativamente considerato; ciò non accadde nel pavese, dato che negli anni, divenne la varietà viticola più allevata.
Probabilmente, per la presenza del 45° parallelo, quello del vino per intenderci, i fattori pedoclimatici di questo territorio creano un ecosistema ottimale per la coltivazione di questo vitigno.
Il clima si dimostra particolarmente idoneo, essendo temperato ma con la presenza di quelle elevate escursioni termiche alquanto utili, ed i terreni, risultando ricchi di calcare, marne e gesso o argille, conferiscono quell’acidità e quel profilo aromatico, singolari e tipici dei vini dell’Oltrepò Pavese.
Le colline, prosecuzione di quelle del Monferrato, raggiungono mediamente un’altitudine tra i 200 ed i 600 mt s.l.m. e seguono un andamento da nord a sud, con le vigne che sono spesso attraversate da leggere e favorevoli brezze.
Il Pinot nero è un vitigno a bacca rossa di grande versatilità dato che può essere vinificato in rosso, bianco e rosa e qui si esprime al meglio in tutte e tre le tipologie ma preferibilmente con il “bianco”, perché impiegato nel Metodo Classico.
Nel 2007 nasce così la DOCG Oltrepò Pavese, con un disciplinare dettagliato dove troviamo le quattro versioni: base, rosé, nonché Pinot nero e Pinot nero rosé.
La differenza sta, oltre che nella vinificazione, anche nella percentuale di uva pinot, dato che nelle prime due deve essere almeno del 70%, mentre nelle altre deve presentarsi in purezza o non meno dell’85%;
la restante quota è occupata dallo Chardonnay o dal Pinot Bianco.
L’affinamento previsto sui lieviti va da 15 a 24 mesi (Millesimato).
I Francesi, in base alla loro classificazione, definirebbero questo vino un “Blanc de noir”.
L’area è relativamente estesa ma molti sono i vignaioli che si sono dedicati alla produzione del Metodo Classico e questo proprio per le condizioni ambientali e per la tradizione, oltre che per una crescente richiesta del mercato.
Una di queste è senz’altro l’azienda vinicola Winery Ballabio a Casteggio, fondata nel 1905 e che in tutti questi anni non ha fatto altro che credere fortemente nelle potenzialità di questo territorio, verso questa tipologia di vino, ottenuta con quest’uva; un punto di riferimento non solo per il mondo spumantistico pavese ma anche italiano, visto i riconoscimenti e gli ultimi premi ottenuti.
Ci sono tre aspetti da considerare di questa storica cantina.
Il primo è la Carta Etica, che si basa sul concetto del “meglio”, delle uve e dei vini e per la natura”; non è altro che un documento “di trasparenza”, redatto in azienda e che fornisce al consumatore le indicazioni e le fasi essenziali sulla produzione dei vini.
Il secondo è Farfalla, iI nome della Cuvée.
Il termine deriva da un vigneto che sulla mappa catastale ha la forma simile a tale insetto; i vini base ottenuti dalle uve delle viti allevate su quel terreno, hanno un potenziale qualitativo eccellente e singolare, così da rientrare per la composizione delle cuvée stesse.
L’ultimo è Cave Privée, cioè “cantina privata” e che sta a rappresentare quelle riserve particolari, con un numero limitato di bottiglie e prodotte in annate speciali.
Inizialmente era la cantina di “famiglia” per preservare alcune bottiglie delle annate migliori ma poi, visto il valore dei vini, hanno pensato bene di creare una linea dedicata.
E veniamo al top della gamma, il Farfalla Cave Privée, un Oltrepò Pavese Pinot nero (100%) Metodo Classico DOCG.
Due vigne dall’età media di 40 anni, dalle quali vengono vendemmiate le uve a mano alla giusta maturazione. Una soffice pressatura, seguita dalla fermentazione del solo 42% del mosto fiore, con la divisione del prodotto delle diverse vigne.
Una parte del mosto decantato va in vasche inox e un’altra va in botti da 700 lt, per rimanere fino alla primavera successiva.
Composizione della cuvée, selezionando i prodotti migliori dalle vasche e dalle botti anche per il successivo assemblaggio. Tiraggio, con lieviti selezionati in cantina e affinamento nei caveaux a temperatura controllata, mediamente per 7 anni.
Alla sboccatura, nessuna immissione di “liqueur”, quindi il vino è un “Dosaggio 0”. 6 mesi in bottiglia per l’affinamento finale.
Nel bicchiere si presenta di un bel colore giallo paglierino intenso ma luminoso, con una bella corona ed un fine e continuo perlage. Dai fiori bianchi freschi, agli agrumi, la frutta secca, nocciola e mandorle fino ad una crema pasticcera ed al pane fresco. Estremamente equilibrato e gustoso; pieno, fresco, sapido e quasi cremoso; molto persistente. Gradazione 13°C.
Si può lasciare in cantina per 4-5 anni ma è già di pronta beva a tutto pasto.
Dagli antipasti di mare, crudi e tartare con gamberi e scampi, piuttosto che affettati di media stagionatura abbinati a tortini di verdure salati.
I primi di pesce (spaghetto con il riccio !?) ma anche paste ripiene o al forno a base di verdure. Arrosti di tacchino, faraona e vitello, con patate o verdure glassate, oppure crostacei e pesci alla griglia o al cartoccio.
E come sempre
…mezzo vuoto o mezzo pieno??
Purché sia buono, bianco, rosso e verde!!