Siamo all’ultima tappa tra le vigne del Piemonte, una regione dove abbiamo visto che pure le uve bianche occupano uno spazio importante sia territoriale che economico, senza considerare la parte legata alla tradizione contadina e popolare.
L’identificazione di un’uva, del suo vino con la propria tipica zona d’origine è un aspetto complementare che da valore al territorio ed a chi in quel territorio produce vino o qualsiasi altro prodotto.
Tutto ciò naturalmente vale non solo per i vini bianchi più famosi ma anche per quelli poco conosciuti, così considerati in quanto confinati in aree ristrette e prodotti da pochi vignaioli, vini emersi in questi ultimi anni e pertanto da far conoscere e valorizzare.
Uno di questi è senz’altro il Timorasso, un vitigno a bacca bianca presente fin dai tempi antichi nelle zone collinari di Tortona in provincia di Alessandria.
Infatti, si parla dell’epoca medievale, anche se le testimonianze più reali della sua coltivazione corrispondono ad un trattato di Agronomia del XIV secolo e ad un bollettino enologico regionale del 1800, nel quale risultava come il vitigno maggiormente coltivato nel tortonese.
In seguito, è stato abbandonato per il propagarsi della fillossera, per il secondo grande conflitto bellico e per alcune sue caratteristiche singolari, come la produttività limitata e irregolare, nonché le difficoltà di adattamento e di vinificazione; tutto ciò portò i vignaioli della zona a coltivare altri vitigni, sia a bacca rossa (Barbera, Croatina, etc..) che bianca (Cortese di Gavi).
Nel 1970 venne iscritto nel Registro Nazionale delle varietà e dopo qualche anno grazie alla passione, all’intraprendenza ed all’impegno di alcuni produttori locali, questo vitigno iniziò il suo percorso di crescita, riaffermandosi e assumendo una posizione di prestigio nel panorama enologico italiano.
Di recente il Timorasso viene chiamato Derthona, dall’antico nome della cittadina di Tortona, a dimostrazione della sua antica storia e della sua territorialità.
Tutelato dal Consorzio dei Vini dei Colli Tortonesi, con una quota significativa di superfice vitata pari a quasi 200 ettari di vigne, dalle quali si producono circa 600 mila bottiglie/anno.
Il suo nome è legato ad una leggenda tortonese piuttosto fiabesca e complessa nel suo racconto, dove sono coinvolti quattro personaggi, un vagabondo e rozzo allevatore di capre, una giovane e attraente donna, il suo spasimante ed un aristocratico di campagna.
Dopo un acceso alterco che coinvolse in modo differente i quattro personaggi, con lanci di pietre verso l’allevatore, in quanto colpevole d’infastidire la giovane donna, il violento litigio si placò per la reazione pietosa del burbero pastore, impaurito dal lancio dei sassi .
Da quel giorno, si stabilì un legame di stima e d’amicizia tra i quattro i protagonisti, che cambiarono il loro stile di vita perché insieme si dedicarono alla coltivazione della vite ed alla produzione del vino, in particolare un vino bianco piuttosto rustico, un po’ aspro ma espressivo al quale fu messo nome “Timor del masso”, da cui con il tempo, Timormasso ed infine Timorasso.
Ritornando alla realtà, questo è un vino di “nicchia”, con delle esigenze pedoclimatiche singolari, e con delle caratteristiche quali, struttura, corposità ed espressività, che ne fanno un vino singolare, per un consumo mirato e forse per esperti appassionati.
Due sono le versioni, una di breve affinamento e l’altra invecchiata, con due profili opposti e pertanto con abbinamenti gastronomici differenti; recentemente ne è emersa anche la versione spumantizzata.
Verso l’inizio del 1990, alcuni vignaioli hanno deciso di dedicare la loro attività, i loro sforzi verso il Timorasso tortonese per dare a questo territorio anche l’immagine di terra da vini bianchi.
Tra coloro che hanno creduto in questo vino, c’è senz’altro Claudio Mariotto, che tra i primi ha voluto percorrere questa strada, riuscendo in questi anni a legare il suo nome a questo vino, raggiungendo una posizione importante nel nostro panorama enologico.
L’azienda in località Vho, nelle vicinanze di Tortona, è centenaria e da sempre a conduzione familiare, con i suoi 24 ettari di vigne, distribuite in alcune località dei Colli Tortonesi a circa 300 mt. s.l.m. e con piante di età dai 40 ai 50 anni.
Il Derthona 2019 risulta in purezza, ottenuto da uve vendemmiate nel mese di Settembre ben selezionate, che poi vengono trasferite negli appositi contenitori per la soffice pressatura e la successiva fermentazione a temperatura controllata.
Rimane a contatto con le fecce nobili per alcuni mesi, e poi imbottigliato, con affinamento di alcuni mesi in vetro.
Nel bicchiere risulta giallo paglierino d’intensità media. Fruttato e floreale. Dai fiori di camomilla, alla frutta matura come la susina, per finire con un sentore di frutta secca come la noce e la mandorla leggermente tostata.
Minerale con la pietra focaia; morbido e avvolgente, con una buona struttura, nonché fresco e sapido. Equilibrato e di buona persistenza. Gradazione 14°C.
Da bere subito, ma è un bianco con un’ottima evoluzione e quindi pochi anni in cantina possono arricchirlo. Temperatura di servizio di 8-10°C, insieme a degli antipasti con salumi e formaggi di media stagionatura, frittate e torte salate. Risotto ai frutti di mare o semplicemente con le verdure, oppure zuppa di pesce in bianco e tagliolini con vongole e cozze. Pesce alla griglia o al cartoccio. Tortelli di zucca o alle erbe e arrosti di carne bianca.
E come sempre
…mezzo vuoto o mezzo pieno??
Purchè sia buono, bianco, rosso e verde!!