IN CANTINA

EMILIA ROMAGNAIn Primo PianoSPUMANTI

Canova, Lambrusco Grasparossa di Castelvetro DOC, Cantina Fattoria Moretto, Castelvetro (Mo)

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In Emilia Romagna la vitivinicoltura riveste un valore importante tanto da occupare buona parte della superficie coltivabile sia in pianura che sulle colline.

E’ caratterizzata da una certa eterogeneità varietale, con la presenza di alcuni vitigni autoctoni tipici e unici di alcune zone, che pertanto in altre non troviamo.

Colli Piacentini, Terre di Lambruschi, Colli Bolognesi, Bosco di Liceo nel Ferrarese e la Romagna, sono le aree più importanti, più estese e più note, ognuna con i propri vitigni ed i propri vini.

E tra tutte, senza preclusione alcuna, quella dei Lambruschi è la più rinomata.

Il legame tra l’Emilia e questo vitigno risale circa al X secolo a.C., prima ancora della colonizzazione greca dell’Italia centro-meridionale.

Virgilio, Catone  e altri ancora nei loro scritti descrissero la “Labrusca Vitis”, una vite che cresceva spontaneamente lungo i margini dei terreni.

Plinio il Vecchio, scrisse della presenza lungo buona parte della via Emilia di un particolare vitigno che presentava prima della filloptosi (caduta) fogliare, le foglie di color rosso sangue, con rami e tralci a frutto che crescevano su altre piante come l’Olmo, il Pioppo o l’Acero, una forma di allevamento viene definita ancora oggi a “vite maritata”.

Questa tecnica colturale, chiamata in zona anche “Piantata Emiliana” fu utilizzata per secoli fino ad alcuni anni fa e in alcuni casi, la vite veniva sostenuta da piante da frutto come pere e mele, per il loro apparato radicale superficiale a differenza della vite e per poter disporre di un’altra produzione agricola annuale.

Si suppone che  il Lambrusco sia l’unico vino che derivi da una varietà originaria del nostro paese, la “vitis silvestris”, presente fin dall’epoca romana; ricordo che la maggior parte delle altre varietà autoctone italiane infatti, derivano dalla vitis vinifera.

La natura del nome è originale.

Da “labrum”, margine dei campi e “ruscum”, pianta spontanea, o più semplicemente da “labruscum”, frutto della vite labrusca, oppure “labo”e “ruscus”, cioè “prendere e pungente al palato”, questo per l’asprezza dell’uva.

I Romani lo bevevano già frizzante, facendolo rifermentare. Riempivano le anfore che in seguito venivano chiuse e parzialmente sotterrate o immerse nell’acqua fredda, per bloccare la fermentazione.

L’effervescenza veniva poi sviluppata artificialmente, per mezzo di sbalzi termici dovuti allo spostamento delle anfore in locali più caldi.

I monaci oltre a coltivare la vite labrusca all’interno delle abazie, per proteggere il vigneto dalle scorrerie barbariche, iniziarono a vinificare con accorgimenti particolari, ottenendo così un buon vino da utilizzare  durante le loro funzioni religiose.

Comunque fu dai primi anni del 1800 che la produzione e la diffusione di questo vino risultarono rilevanti e questo grazie allo studio ampellografico con la caratterizzazione di alcune varietà ed a tecniche di vinificazione più corrette e adeguate,

Attualmente di Lambrusco se ne conoscono cinque tipologie:

Grasparossa, collinare e rustico; Sorbara, di pianura ed il più fine; Salamino, di Modena, con un profilo a metà fra i precedenti; Maestri, dalla provincia di Parma ed il più intenso, nonché il Marani, di Reggio e Mantova, che risulta il più vinoso.

Dal 1970 questi vini sono tutelati da un disciplinare DOP, messo in atto dal Consorzio del Lambrusco.

Il Grasparossa è conosciuto anche come il Lambrusco di Castelvetro o di Spezzano, è una varietà relativamente produttiva e dalla grande adattabilità anche in condizioni pedologiche limitate.

I vigneti si riconoscono facilmente, poiché in periodo di vendemmia, foglie, raspi e pedicelli acquisiscono una colorazione rossastra che determina tra le vigne una macchia colorata alquanto affascinante; ecco da cosa deriva il nome.

Quattro sono le tipologie riconosciute dal disciplinare DO:

Rosso frizzante e spumante, nonché Rosato frizzante e spumante, vini ottenuti per lo più da due uve e bacca nera, il Lambrusco Grasparossa (minimo 85%) ed il Malbo gentile (15%).

La grande richiesta del mercato spinge le cantine della zona, piccole o grandi che siano, a produrre, e Fattoria Moretto è una di queste, sui dolci colli di Castelvetro, nel comune d’origine.

Più di 50 anni di attività vitivinicola, inizialmente con un terreno a mezzadria ed il commercio di uva Grasparossa prima, e poi, di Lambrusco sfuso.

Ora, una decina di ettari condotti a regime biologico, una moderna cantina dove si vinifica con metodo Martinotti-Charmat (inizialmente era a fermentazione naturale in bottiglia), ottendo vini dall’indubbia qualità, con due “cru” come punte di diamante.

Una di queste è il Canova, un Grasparossa in purezza, derivato da vigne cinquantenni allevate a cordone speronato a 200 mt s.l.m., su terre limose-argillose; un vino dalla grande territorialità.

Le uve vengono accuratamente vendemmiate agli inizi dell’autunno e dopo pigiatura, subiscono per 4-6 gg una macerazione a temperatura controllata; la successiva rifermentazione del mosto, avviene in presenza di lieviti indigeni in autoclave (metodo Martinotti-C.).

Dopo una breve sosta, segue l’imbottigliamento.

Nel bicchiere si presenta di un color rosso porpora, con effervescenza delicata.

Floreale e fruttato, dove geranio e fragoline di bosco emergono intensamente.

Vegetale e balsamico, con una certa complessità. Di corpo, morbido, secco e fresco. Una buona sapidità, un piacevole tannino ed una gradevole effervescenza. Naso e bocca in sintonia. Gradazione 12° C.

Da bere subito o dopo pochi mesi, ad una temperatura di servizio 12°-14° C, abbinandolo al prosciutto, alla spalla cotta ed altri salumi tipici, nonché formaggi di buona stagionatura. Paste ripiene, lasagne e secondi succulenti, dal bollito misto compresi insaccati cotti, alle polpette e salsicce in umido.

E come sempre,

…mezzo vuoto o mezzo pieno??

Purché sia buono, bianco, rosso e verde!!

 

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