La Riviera di Levante, una zona turisticamente affascinante e le Cinque Terre ancor di più, tanto da essere Parco Nazionale e Patrimonio dell’UNESCO.
Un territorio incantevole, dove la costa per lo più frastagliata è a picco sul mare, dove cinque borghi marinari, antichi villaggi di pescatori dalle caratteristiche abitazioni colorate, sono uniti via terra dal “Sentiero Azzurro”, un percorso escursionistico tracciato lungo la costa.
Percorrendolo, si tocca con mano il significato di viticoltura eroica, cioè coltivare in condizioni estreme.
Piccole parcelle di terreno oltre i 500 mt s.l.m., sostenute da muretti a secco, situate su delle terrazze naturali create negli anni dall’uomo, per le impossibili pendenze e battute regolarmente dalle brezze marine.
Suoli ricchi di scheletro, difficili da lavorare, dove si coltivano gli ortaggi e le piante aromatiche, gli agrumi, gli ulivi e naturalmente, come da antica tradizione, la vite.
Lavorare queste terre non solo vuol dire mantenere viva l’agricoltura e dare forza all’economia di questi luoghi ma significa anche preservare l’ambiente naturale, valorizzando il territorio.
Pure qui troviamo alcune varietà di uve autoctone che vinificate danno origine a vini tipici, che identificano queste aree geografiche.
Uno di questi vini è senza ombra di dubbio lo Sciachetrà o più precisamente Sciacchetrà, così scritto perché riportato nel Disciplinare e utilizzato dal relativo Consorzio di Tutela.
Questo termine particolare ha due derivazioni, una è di origine ebraica “shekar”, che significa bevanda alcolica, l’altra è più nostrana “sciacàa” da schiacciare, riferendosi alla pigiatura dell’uva.
Il Cinque Terre Sciacchetrà è un vino DOC prodotto esclusivamente in alcuni comuni spezzini, quali Riomaggiore, Vernazza e Monterosso al Mare ed in altri nel comune di La Spezia.
In queste zone la viticoltura si è sviluppata con l’arrivo dei primi navigatori ellenici, per poi continuare durante l’epoca romana.
Al tempo dei Comuni e di seguito nel Medioevo, compaiono i primi “terrazzamenti” costruiti dall’uomo per sfruttare al massimo i terreni declivi costieri e aumentare la produzione agricola, con particolare interesse verso ortaggi, olivo e vite, la cui coltivazione proseguì con grande difficoltà ma con successo fino a tutto il 1800.
Nei primi anni del 1900, la Fillossera distrusse la maggior parte del patrimonio viticolo, il quale venne comunque ripristinato dopo una decina d’anni, utilizzando le “viti americane” come “piede” o “portainnesto” per le varietà locali.
Successivamente, la passione, la volontà ed il lavoro dei vignaiuoli, la fondazione di una Cantina sociale ed i moderni sistemi di meccanizzazione in vigna (dove possibile!!) hanno portato alla salvaguardia di quest’area ed alla valorizzazione di questo vino, considerato uno degli elementi più identificativi del territorio tanto da essere recentemente riconosciuto come presidio Slow Food.
Da Plinio al Boccaccio, da Petrarca a Carducci, Pascoli e D’annunzio, possiamo definirlo il vino dei poeti?
Nel 1973 è stata approvata la DOC, la quale prevede che lo Sciacchetrà si ottenga da uve Bosco (40%), Albarola e/o Vermentino (40%) e altre bianche (20%), con una versione base ed una riserva, le quali differiscono per gli anni d’immissione al consumo dopo la vendemmia, rispettivamente 1 anno verso 3.
Il Vermentino lo conosciamo, gli altri, no.
Il vitigno Bosco è autoctono ligure a bacca bianca, coltivato in provincia di Genova e di La Spezia.
Il suo nome è legato alle sue zone di produzione e cioè le colline boscose delle Cinque Terre, piuttosto che l’area boschiva nei pressi di Villa Durazzo nel capoluogo ligure.
Produttivo anche in condizioni pedoclimatiche difficili e quasi mai vinificato in purezza.
L’Albarola, anch’esso vitigno a bacca bianca, coltivato sia in Liguria che in Toscana, tanto che le sue origini sono contese da entrambe le regioni.
Buona resa produttiva, preferisce l’ottima ventilazione e la buona esposizione; da uvaggio, infatti rientra in molti disciplinari DOC liguri.
Nel comune di Riomaggiore, lungo i pendii di una rocciosa vallata sono situati alcuni piccoli vigneti della cantina Possa, in produzione dai primi anni 2000.
Antica tradizione e rispetto per l’ambiente: produrre vini dalle varietà locali più tipiche e salvaguardare il territorio costiero.
Princìpi biologici e biodinamici tra i filari, ed in cantina fermentazioni spontanee senza aggiunta di lieviti.
Lo Sciacchetrà di questa cantina è “Anfora”, dal metodo di affinamento.
Le uve (Bosco 70%, 10 Rossese bianco e 20% Albarola, etc..) vengono selezionate e vendemmiate a mano alla giusta maturazione.
Segue l’appassimento, in due modi ed in base alle dimensioni dei grappoli: quelli piccoli depositati su appositi graticci, mentre i più grandi appesi singolarmente; tutto ciò fino a metà novembre quando l’uva raggiunge la corretta concentrazione zuccherina.
Fatta un’ulteriore cernita degli acini, si procede alla spremitura con la successiva fermentazione spontanea in anfore di terracotta e macerazione a contatto delle bucce per circa 30 gg; l’affinamento ancora in anfore per un anno.
Il colore è giallo dorato, carico e intenso. Fiori gialli, estremamente fruttato, albicocca matura, pesca, agrumi, mandorle caramellate e miele d’acacia.
Sontuoso e di grande struttura, caldo e morbido in bocca; dolce, fresco, sapido, di grande finezza e di lunga persistenza. Gradazione 13,5°C.
Si può bere subito ma lo si può lasciare in cantina anche per più di 5 anni, e si percepirà un’ulteriore evoluzione.
La temperatura di servizio è di 10°-12°C e gustiamolo a fine pasto con dei formaggi molto stagionati ed erborinati, oppure con i dolci a base di pasta frolla, secca, con crema o frutta.
I dolci tradizionali delle Festività, ma anche con una pastiera napoletana od una cassata siciliana; un boccone di cioccolato fondente o d’estate, con un cucchiaio di gelato alle creme.
Semplicemente, un vino da meditazione.
E come sempre
…mezzo pieno o mezzo vuoto??
Purché sia buono, bianco, rosso e verde!!