In Valle d’Aosta sono poco meno di 300 gli ettari dedicati alla viticoltura e così dislocati:
60% in montagna, 35% in collina ed il rimanente 5% nella zona pianeggiante.
Da questo territorio si ottiene in media, una produzione di 20 mila ettolitri di vino, con il 60% tra vini rossi e rosati ed il 40% di bianchi.
La viticoltura valdostana continua fermamente il suo percorso tracciato tra la fine del secolo scorso e gli inizi degli anni 2000, caratterizzato dal pieno rispetto del territorio e dalla valorizzazione dello stesso e dei vini prodotti, questi fortemente indicativi e tipici di un’area dalle caratteristiche pedoclimatiche al limite, che determinano una viticoltura “estrema”.
In questa piccola regione sono presenti diversi vitigni provenienti dalle zone confinanti, Francia, Svizzera e Piemonte, ma troviamo pure quelli autoctoni che, pur avendo perso importanza nei secoli scorsi, hanno di recente riacquistato una certa posizione di rilievo (sono il 65% della produzione) perché originano vini alquanto espressivi.
Dai dati raccolti dall’Assessorato Regionale dell’Agricoltura, appare evidente un elemento, il riconoscimento di ben 38 vitigni idonei e autorizzati alla coltivazione, un patrimonio vitivinicolo veramente unico e complesso, emerso grazie all’attività specifica dell’Institut Agricole Regional (IAR) che negli anni ha identificato, selezionato e moltiplicato tutte le varietà presenti sul territorio.
Nel 1985 fu riconosciuta la prima DOC regionale dal nome “Valle d’Aosta o Vallée d’Aoste”, con l’obiettivo di saldare fortemente il legame territorio/vino ma anche di organizzare al meglio tale ricchezza enologica. Infatti, il disciplinare ha previsto ben 31 sotto denominazioni riferite a determinate zone di coltivazione, a specifici vitigni e pure alle diverse tipologie di vinificazione;
7 sono le zone vitivinicole dove viene coltivata la vite che si estendono da ovest a est, dalle pendici del Monte Bianco ai confini con il Piemonte e attraversate per buona parte, dal fiume Dora Baltea.
13 sono i vitigni autoctoni e tra questi ne segnaliamo uno in particolare, il Cornalin o Corniola, il quale ha rischiato di scomparire, ma che negli anni ’90 grazie allo IAR e soprattutto di recente, alla volontà, la passione e all’inventiva di alcuni vignaioli, è ritornato d’interesse riposizionandosi nella realtà vitivinicola valdostana.
È un vitigno a bacca rossa autoctono di questa regione, che assume anche il nome in dialetto franco-provenzale di “Broblanc” che significa tralcio bianco, in relazione ad una delle caratteristiche vegetative della pianta stessa.
Per alcuni studiosi sembra che l’origine sia legata alla Borgogna e la sua introduzione in Val d’Aosta sia avvenuta prima della metà del 1800, dove in seguito prese piede, risultando una delle varietà più allevate e vinificate.
Ma nel tempo, alcuni fattori lo limitarono, oidio, fillossera e l’introduzione di altri vitigni, portandolo così alla quasi totale estinzione.
Geneticamente è il risultato di un incrocio naturale tra due vitigni valdostani, il Petit Rouge ed il Mayolet, così almeno è stato evidenziato da recenti studi.
Ora ha il suo spazio vitale e viene allevato per essere vinificato sia in purezza che negli uvaggi, occupando una superfice vitata regionale di circa 30 ettari, concentrati maggiormente in un’area sulla sponda sinistra della Dora B.; viene coltivato anche in Svizzera, in particolare nel cantone Vallese, con grande interesse e successo.
Tra i vini prodotti dalla cantina Grosjean, a Quart distante pochi chilometri da Aosta, c’è il Cornalin Vigne Rovettaz (in purezza) che con altre etichette rappresentanti i vitigni locali, risulta un valido esponente della viticoltura locale.
Questa è una cantina con cinquant’anni di storia, una decina di ettari a conduzione familiare, con due obiettivi sempre presenti e tramandati di padre in figlio: preservare e valorizzare l’ambiente circostante e produrre vini tipici, derivanti dalle varietà più tradizionali e più storiche della Val d’Aosta.
Certificazione biologica, unica della Regione, per tanto tutto ciò che viene fatto in vigna per coltivare la vite ed in cantina per vinificare le uve, è legato alla salvaguardia dell’ambiente ed alla produzione di vini esclusivamente tipici.
La vigna Rovettaz ha una superfice di 5,5 ettari, si trova tra i 600 e 750 mt s.l.m. ed è il più grande vigneto coltivato da un singolo viticoltore in tutta la Val d’Aosta. Fino a qualche anno fa era un terreno incolto e boschivo, ma visto le sue caratteristiche pedologiche, nonché la sua ottima esposizione, è stato trasformato in un appezzamento idoneo alla vite.
Le uve di Cornalin vengono vendemmiate ad inizio del mese di Ottobre, manualmente ed accuratamente.
Segue diraspatura e macerazione con le bucce per due settimane, con regolare riemersione delle stesse (follatura) per tre volte al giorno a temperatura costante di 28°- 30°C.
Affinamento in legno da fine autunno, fino all’imbottigliamento che avviene nel mese di Agosto; successiva e finale sosta in bottiglia dai 6 ai 12 mesi.
Nel bicchiere si presenta di un bel colore rosso rubino intenso e brillante. Al naso è fruttato, con i frutti rossi emergenti, la foglia di tabacco e con una speziatura intensa ma assolutamente gradevole.
Morbido e avvolgente, dal gusto pieno, con un buon tannino ed una giusta acidità; equilibrato e persistente. Gradazione 13,5%.
Di pronta beva ma se lasciato in cantina va ad amplificare il suo profilo sensoriale.
Precedentemente aperto, almeno 30 minuti e poi in tavola ad una temperatura di 16-18°C con i piatti tipici della cucina regionale. Ideale con le carni, sia primi, tortelli o paste al sugo, che secondi, carne alla brace o arrosto, ma lo si può abbinare con le zuppe di verdure e legumi o con salumi e formaggi mediamente stagionati.
E come sempre
…mezzo pieno o mezzo vuoto??
Purché sia buono, bianco, rosso e verde!!