IN CANTINA

BIANCHILOMBARDIA

Campo del Soglio, San Martino della battaglia DOC, Cantina Selva Capuzza, Desenzano d/Garda (Bs)

Nessun commento

In Friuli, Friulano, in Veneto “Tai” e nel bresciano “Tuchì”.

Stiamo parlando di un vitigno e del suo vino, il famoso Tocai, quel grande vitigno autoctono a bacca bianca coltivato in buona parte delle principali aree vitivinicole del nostro Friuli.

L’ho definito un vitigno autoctono ma ciò non è esatto, perché recentemente è stato appurato che l’origine è francese, zona di Bordeaux, ed il nome è Sauvignonasse, antico vitigno oggi non più coltivato e sostituito dal Sauvignon Blanc.

Come fosse arrivato in Friuli secoli fa e perché si diffuse così tanto non ci sono certezze, sta di fatto che in tanti anni ha acquisito in alcune parti d’Italia, una grande territorialità.

L’unica certezza è che da alcuni anni, noi Italiani non possiamo più chiamarlo Tocai, visto il D. Min. del 2008, che non solo ha sancito l’iscrizione nel Registro Naz.le delle Varietà viticole del nome “Friulano”, relativo alla varietà “Tocai Friulano”, ma di fatto, ha vietato l’uso del nome originario su tutto il territorio nazionale;

ciò non deve infastidire, perché sancisce comunque il forte legame tra il vitigno, il vino e la zona di produzione.

Se i fattori ambientali sono ideali, il Friulano da degli ottimi risultati, questo evidente nell’area Nord- Est, dove produce vini dalle caratteristiche organolettiche tipicamente singolari, assumendo nomi tipici locali.

Un esempio è in provincia di Brescia, a San Martino della Battaglia, dove viene prodotto un ottimo vino bianco, ottenuto dalle uve di Friulano, qui chiamato Tuchì, un termine che vuol dire piccolo e piacevole tocco, o piccola cosa, in riferimento alle piccole dimensioni degli acini e del grappolo dell’uva.

Percorrendo l’autostrada A4, tra Desenzano e Sirmione, sulla destra in direzione Verona, si può notare la torre monumentale di S. Martino della Battaglia, costruita alla fine del 1800 ed inaugurata dai sovrani di casa Savoia.

Recentemente ristrutturata, rappresenta un edificio storico, alto più di sessanta metri, edificato per onorare re Vittorio Emanuele II ed i militari caduti nella sanguinosa battaglia che qui avvenne nel 1859 tra gli eserciti sabaudo, francese e austro-ungarico;

questo cruento avvenimento bellico ispirò l’istituzione che avvenne dopo pochi anni, della Croce Rossa.

Questa torre è un emblema del nostro Risorgimento ma rappresenta anche un simbolo del territorio circostante, l’entroterra gardesano, tanto che la DOC di San Martino d/b, nata nel 1970, l’ha disegnata abbinata ad una foglia di vite nel proprio vessillo.

L’area, situata tra le province di Brescia e Verona, è caratterizzata da una verde campagna e da dolci colline moreniche, ricoperte da splendidi vigneti, con una superfice vitata di poco superiore ai 70 ettari (è tra le nostre DOC meno estese) dove sono presenti una quindicina di cantine.

Il clima è mite per la presenza del vicino Lago di Garda ed i terreni, dalla buona esposizione, sono per lo più di natura  calcareo-argillosa, ricchi di scheletro e minerali, e tutto ciò crea un ambiente particolarmente idoneo alla viticoltura dove il “Tuchì “(termine usato dai vecchi vignaioli locali) si esprime al meglio.

Ma perché il Friulano viene allevato in questa piccola area?

La risposta è semplice, perché pur essendo nella zona della DOC Lugana, negli anni i vignaioli locali si resero conto che i vini prodotti, avendo ugualmente un ottimo profilo, perdevano alcune peculiarità tipiche del Lugana, soprattutto per le caratteristiche non adeguate del suolo.

L’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura bresciano dopo attente analisi decise d’intervenire e suggerì, di coltivare il Friulano anziché il Torbiano (Trebbiano di Lugana) perché più adatto; così facendo venne e creata una nicchia d’eccellenza, salvaguardato il Lugana e mantenuta nell’area la coltivazione della vite.

La Storia, inoltre, ci insegna che nell’800 il vino liquoroso qui prodotto, fu apprezzato prima dai francesi, che lo definirono “vin de liquer” ed in seguito dall’imperatore Francesco Giuseppe che lo paragonò al Tokaji delle terre ungheresi.

Due sono le tipologie di vino che la DOC prevede, Bianco secco e Liquoroso, nei quali deve essere presente l’80% di Friulano ed il rimanente 20 costituito da uve a bacca bianca idonee alla coltivazione in Lombardia e in provincia di Verona.

Selva Capuzza è una di quelle cantine che vinificano il San Martino d/b con eccellenti risultati.

Il nome sembra derivi dai termini “silvae”, nome dato in epoca romana alle zone a sud del lago e da “capuzza” o “cappuccio”, in quanto l’azienda è situata in posizione elevata, nelle vicinanze della grande torre; la zona è prestigiosa, perché al centro delle tre DOC gardesane.

Un’oasi naturalistica dove prati, vigneti e bosco circondano la cantina, il ristorante e l’agriturismo.

Questa cantina nel 2018 ha festeggiato la centesima vendemmia.

Una trentina di ettari, gestiti sempre dalla stessa famiglia, oggi alla quarta generazione, dove la tradizione enologica locale ed il rispetto per la natura e l’ambiente non si sono mai persi, anzi sono stati sempre la base della filosofia aziendale.

Campo del Soglio è una delle prestigiose etichette della cantina ed è un San Martino d/b Doc ottenuto da uve Friulano in purezza.

Le uve vengono vendemmiate manualmente e selettivamente alla giusta maturazione (verso la metà di Settembre) e poi giunte in cantina, subiscono la diraspatura ed una soffice pressatura. Il mosto raccolto viene messo in vasche d’acciaio per la fermentazione a temperatura controllata e l’affinamento conclusivo avviene per sei mesi in cisterne d’acciaio; imbottigliamento finale e sosta per altri due mesi prima della commercializzazione.

Alla vista si presenta di un bel colore giallo paglierino.

Fruttato e floreale, dalla frutta a polpa bianca, agli agrumi; dai fiori bianchi delicati, alle erbe fresche e aromatiche. In bocca fine, delicato, fresco, un sorso minerale ed una gradevole sapidità; una buona persistenza. Gradazione 13°C.

Di pronta beva ma conservato correttamente per due, tre anni evolve in modo positivo.

Apriamolo qualche minuto prima ad una temperatura di servizio di 8-10°C e poi abbiniamolo ad antipasti di pesce, come insalata di mare, carpaccio di spigola, sauté di vongole e cozze. Per poi passare agli spaghetti con vongole veraci, risotto ai frutti di mare e secondi di pesce, branzino al sale, crostacei al vapore o pesce bianco in “guazzetto”.

Inoltre, pasta al sugo di verdure, formaggi freschi a pasta filante, e scaloppine di carni bianche.

Ma visto che siamo a pochi chilometri dal lago, con un coregone o lavarello alla brace o dei filetti di pesce persico impanati o al burro e salvia.

E come sempre

…mezzo vuoto o mezzo pieno?

Purchè sia buono, bianco, rosso e verde!!

Suggerimenti di lettura

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Compila questo campo
Compila questo campo
Inserisci un indirizzo email valido.
Devi accettare i termini per procedere

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Menu